venerdì 29 aprile 2016


Le Avanguardie storiche del '900



Dal francese avant-garde (trad. "prima della guardia"), il termine, tratto dal linguaggio militare (l'avanguardia è il reparto che precede il blocco forte dell'esercito per aprirgli il varco), è impiegato anche per indicare i diversi movimenti letterari, artistici e culturali  caratterizzati da una sensibilità più "avanzata" rispetto a quella dominante. Si parla di avanguardie storiche per distinguere quelle di primi decenni del '900 dalle Neoavanguardie, sorte dopo la II Guerra Mondiale. Le avanguardie storiche sono caratterizzate da tendenze radicali a rompere con i codici artistici tradizionali e con le convenzioni borghesi. Rifiutando tutti i valori, mettevano in discussione il valore e il concetto stesso di arte; infatti, secondo loro l’arte deve scuotere e sconvolgere, per contribuire a migliorare la vita. La funzione dell’artista è quindi di costruire una vita “estetica”, dominata dall’arte. Per realizzare tutto ciò le avanguardie fecero dello sperimentalismo il loro orientamento metodologico: operando in gruppi per abbattere ogni barriera tra le varie arti.  I gruppi di avanguardia attuano una opposizione alla cultura dominante o appartandosi aristocraticamente o partecipando rumorosamente al dibattito pubblico. In diversi casi hanno in comune l’uso dei manifesti, testi nei quali è scritta la loro dichiarazione di intenti. Tra i più importanti movimenti che volevano essere più "avanti" rispetto ai contemporanei e rompere con la tradizione e le convenzioni sono: il Dadaismo, il Surrealismo, l'Espressionismo, il Futurismo.

SURREALISMO

Il surrealismo è un movimento culturale molto diffuso nella cultura del novecento che nasce come evoluzione del Dadaismo. Ha coinvolto tutte le arti visive, anche letteratura e cinema, quest'ultimo nato negli anni venti a Parigi, dove, nel 1925 è stata allestita la prima mostra del movimento.

Esso ebbe come principale teorico il poeta André Breton, che canalizzò la vitalità distruttiva del dadaismo. Breton fu influenzato dalla lettura de L'interpretazione dei sogni di Freud del 1899; dopo averlo letto arrivò alla conclusione che era inaccettabile il fatto che il sogno (e l'inconscio) avesse avuto così poco spazio nella civiltà moderna e pensò quindi di fondare un nuovo movimento artistico e letterario in cui il sogno e l'inconscio avessero un ruolo fondamentale.

Il primo Manifesto surrealista del 1924, definì così il surrealismo:«Automatismo psichico puro, attraverso il quale ci si propone di esprimere, con le parole o la scrittura o in altro modo, il reale funzionamento del pensiero. Comando del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica e morale.» Il surrealismo è quindi un automatismo psichico, ovvero quel processo in cui l'inconscio, quella parte di noi che emerge durante i sogni, emerge anche quando siamo svegli e ci permette di associare libere parole, pensieri e immagini senza freni inibitori e scopi preordinati. I surrealisti si avvalevano di diverse tecniche per far in modo di attivare il loro inconscio, una di queste è il cadavre exquisi (cadavere squisito), tecnica basata sulla casualità e sulla coralità, che prevede la collaborazione di più artisti: uno di essi comincia l'operazione tracciando un disegno, una figura, che deve essere ignorata dagli altri, poi il foglio deve essere passato a tutti i partecipanti, uno per uno, i quali a loro volta faranno una figura, e così via. Questa tecnica era utilizzata dai surrealisti anche in ambito poetico, ovvero aggiungendo uno per uno una parola, ignorando lo scopo finale dei singoli. Il nome della tecnica deriva infatti da una poesia surrealista: "Il cadavere squisito berrà il vino nuovo".

Il surrealismo ha tra le sue tematiche principali:

·      amore, inteso come fulcro della vita

·      sogno e follia, considerati i mezzi per superare la razionalità.

·      liberazione dell'individuo dalle convenzioni sociali.

Il movimento surrealista vide la partecipazione di un grande numero di scrittori e artisti di diverso orientamento, spesso in conflitto tra loro e con lo stesso Breton,  guida spirituale del movimento.

Tra gli artisti visivi più noti troviamo i belgi René Magritte e Paul Delvaux , gli spagnoli Salvador Dalí e Joan Miró, il tedesco Max Ernst.

Per quanto riguarda la letteratura, oltre al fondatore del movimento André Breton, vanno ricordati Robert Desnos, Paul Éluard, Louis Aragon, Antonin Artaud

Per quanto riguarda il cinema, il regista spagnolo Luis Bunuel e la regista francese Gemaine Dulac.


DADAISMO

Il Dadaismo o Dada è una tendenza artistico culturale nata a Zurigo, nella Svizzera neutrale della Prima guerra mondiale, e sviluppatasi tra il 1916 e il 1920 anche in altri paesi come Germania e Francia. Il movimento ha interessato soprattutto le arti visive, la letteratura (poesia, manifesti artistici), il teatro e la grafica e esprimeva la sua politica contro la guerra attraverso un rifiuto dei modi consueti di intendere l'arte producendo  opere che erano contro l'arte stessa. Il dadaismo ha messo in dubbio e stravolto le convenzioni dell'epoca, dalla produzione artistica, fino alle ideologie politiche; ha inoltre proposto il rifiuto della ragione e della logica, ha enfatizzato la stravaganza, la derisione e l'umorismo. Gli artisti dada erano volutamente irrispettosi, stravaganti, provavano disgusto nei confronti delle usanze del passato; ricercavano la libertà di creatività per la quale utilizzavano tutti i materiali e le forme disponibili. Secondo i dadaisti stessi, il dadaismo non era arte, era anti-arte. Tentava, infatti, di combattere l'arte con l'arte. Per ogni cosa che l'arte sosteneva, Dada rappresentava l'opposto. Se l'arte prestava attenzione all'estetica, Dada ignorava l'estetica; se l'arte doveva lanciare un messaggio implicito attraverso le opere, Dada tentava di non avere alcun messaggio, infatti l'interpretazione di Dada dipende interamente dal singolo individuo; se l'arte voleva richiamare sentimenti positivi, Dada offendeva. Ironicamente, Dada è diventato un movimento che ha influenzato l'arte moderna. Il luogo dove, nel 1916, viene fondato il movimento è il Cabaret Voltaire a Zurigo. Qui si riuniscono i suoi esponenti più rappresentativi. Tristan Tzara, scrittore e poeta rumeno,  è il direttore  l’ideatore e l'organizzatore. Inoltre vanno ricordati Marcel Duchamp, Francis Picabia, Hans Harp, Hans Richter.

La tattica di destabilizzazione dadaista si perfezionava infatti attraverso un incessante antagonismo nei confronti dei borghesi, volto a suscitare l’irritazione e poi a scuotere la fantasia “cristallizzata”. I Dadaisti usano forme casuali realizzate con materiali poco consueti: i canti tribali diventano poesie, gli oggetti di tutti i giorni, per un diverso accostamento, acquistano improvvisamente un significato inatteso e spiazzante. L'opera non è più l’immagine della natura né l’espressione di uno stato d’animo, è solamente se stessa, significa nient’altro. Tutto è casuale e provvisorio, abbandonate tutte le regole sulla produzione delle immagini, adottano e sperimentano tecniche nuove. I dadaisti si auto definiscono “tecnici di montaggio” adottano le tecniche di collage e incollano e sovrappongono su di un supporto che può essere stato in precedenza un dipinto, forme di ritaglio, casualmente, in materiali diversi, come pezzi di carta, ritagli di giornale, fotografie, piccoli oggetti anche tridimensionali.


ESPRESSIONISMO





 
Con il termine espressionismo si usa definire la propensione di un artista a privilegiare, esasperandolo, il lato emotivo della realtà rispetto a quello percepibile oggettivamente.
In senso generale, anche artisti come Matthias Grünewald ed El Greco possono essere considerati espressionisti, ma storicamente "espressionismo" è un movimento culturale europeo circoscrivibile a circa un ventennio che coincide con i primi anni del 1900, inquadrabile nelle cosiddette avanguardie artistiche e sviluppato soprattutto in Germania tra il 1905 e il 1925. Si oppone concettualmente al razionalismo o  all'architettura sachlich, detta anche "oggettiva".
Caratteristiche del movimento
L'espressionismo proponeva una rivoluzione del linguaggio che contrapponeva all'oggettività dell'impressionismo la sua soggettività.
L'impressionismo rappresenta una sorta di moto dall'esterno all'interno, cioè era la realtà oggettiva a imprimersi nella coscienza soggettiva dell'artista; l'espressionismo costituisce il moto inverso, dall'interno all'esterno: dall'anima dell'artista direttamente nella realtà, senza mediazioni. Il senso dell'Espressionismo produce una ribellione dello spirito contro la materia e quindi gli occhi dell'anima sono la base di partenza della poetica espressionistica. L'occhio interno si sostituisce a quello esterno.  Il nuovo linguaggio riprende alcuni elementi romantici, come ad esempio l'identificazione romantica fra arte e vita. La natura dell'espressionismo è ricca di contenuti sociali e di drammatica testimonianza della realtà. Ma la realtà tedesca dei primi anni del secolo è la realtà amara della guerra, di contraddizioni politiche, di perdita di valori ideali, di aspre lotte di classe, e proprio questi furono i temi principali e dolorosi degli artisti espressionisti. Inoltre gli artisti espressionisti polemizzano contro la società borghese, contro l'alienazione del mondo del lavoro, contro la visione positivistica del mondo, dello scientismo e delle leggi di causalità.
Arti figurative
Se le basi dell'espressionismo nelle arti figurative sono rintracciabili nell'estetica romantica, che ha assegnato all'opera d'arte non più il compito di riprodurre, più o meno fedelmente, la realtà, bensì il ruolo intermedio tra l'artista ed il mondo, tra il sentimento e le idee che l'opera manifesta e l'ambiente che rappresenta, le prime avvisaglie dell'espressionismo sono evidenti nel Simbolismo; basta pensare al principio delle linee curve e del colore resi in funzione dello stato d'animo, proposto da Gauguin e ripreso da Van Gogh che fu anche il primo a meritarsi la definizione di artista espressionista. Tra gli altri precursori non si può dimenticare il norvegese Munch con alcune sue deviazioni dal Simbolismo francese verso un'intensità espressiva tipicamente nordica. Uno degli ultimi precursori fu il belga James Ensor, con la sua grottesca ripresa di elementi fiamminghi.
L'Espressionismo si manifestò principalmente in due aree diverse: in Francia nelle opere dei Fauves e in Germania in quelle del gruppo Die Brücke. Gli artisti erano accomunati dalla volontà di esprimere tensioni, stati d'animo e sentimenti attraverso la violenza del colore, la sintesi della forma, l'incisività del segno. I soggetti preferiti furono i nudi, i paesaggi, le scene di vita quotidiana e le città. Recuperarono tecniche da tempo in disuso, come la xilografia (l'incisione sul legno). I pittori detti Fauves presentarono i propri lavori al Salon d'Automne di Parigi nel 1905. Fu un critico del tempo, Louis Vauxcelles, ad affibbiare loro questa definizione, considerando le loro tele opere di "selvaggi" per l'uso aggressivo del colore. Tra gli artisti Fauves riuniti nella stanza centrale del Salon del 1905: Henri Matisse, André Derain e Maurice de Vlaminck.
In area tedesca si formarono i gruppi Die Brücke e Blaue Reiter. Il primo nacque per iniziativa di una piccola cerchia di artisti di Dresda, Ernst Ludwig Kirchner, Erich Heckel e Karl Schmidt-Rottluff, i quali vollero rappresentare la sofferenza della condizione umana ed esaltare la spontaneità dell'ispirazione attraverso una violenta deformazione dei corpi, l'esasperazione dei colori e un linguaggio incisivo, immediato, a volte eccessivo. Il linguaggio degli espressionisti tedeschi si fonda sull'uso di colori violenti e innaturali e sull'uso di linee dure e spezzate. Essi non applicano le leggi della prospettiva e non cercano di dare l'illusione del volume e della profondità; colori e linee sono sufficienti a comunicare con impetuosa violenza la visione drammatica e pessimistica che questi artisti hanno del mondo e della società in cui vivono. Le premesse ideologiche del movimento furono chiarite da Ernst Ludwig Kirchner nel manifesto "Il Ponte" (Die Brücke), una xilografia che accompagnava la prima mostra del gruppo nel 1906 a Dresda; il gruppo fu attivo anche a Berlino, tra il 1911 e il 1913. L'intenso naturalismo primordiale sospinto da pittori quali Emil Nolde lascerà il posto ad una tensione sempre più ossessiva e psicologica, che si rifletterà su descrizioni di squallidi e grotteschi ambienti mondani e dopo l'esperienza della prima guerra mondiale sfocerà in una satira sociale.
Gli Espressionisti, per una connaturata propensione a rivolgersi ad un pubblico ampio, diedero origine ad un fenomeno che sarà tipico del XX secolo, cioè la pubblicazione di riviste indipendenti e autoprodotte. Organo per eccellenza dell'espressionismo tedesco fu la rivista Der Sturm.
Nei decenni successivi questo movimento ha parzialmente influenzato altri artisti. Nel 1911 Kandinskij e Franz Marc fondano a Monaco Der Blaue Reiter (Il cavaliere azzurro). Questa esperienza, seppur ancora inquadrabile all'interno del movimento espressionista, spesso si risolve in una forma romantica di orfismo, in un tentativo di unione dello spirito del pittore con l'anima pulsante dell'universo.
Il Cavaliere azzurro fu un fenomeno di vasta portata, nel quale il linguaggio del colore si fece sempre più libero e intenso. Sotto l'impulso di Kandinskij, i suoi protagonisti si volsero verso nuovi modi espressivi, verso la creazione di spazi immaginari, verso l'astrazione lirica e fantastica della realtà.
Tra i maggiori esponenti dall'inizio del XX secolo: Oskar Kokoschka, Edvard Munch, Egon Schiele, E. L. Kirchner .
Letteratura
Se il profeta del movimento espressionista in letteratura si può considerare Max Scheler con la sua filosofia volta alla rivalutazione della sfera affettiva, il caposcuola fu Franz Werfel, esaltatore della liberazione dell'uomo dai ceppi materialistici della vita. Il travolgente dinamismo, il superamento della realtà, i diritti dell'irrazionale e degli istinti primordiali, l'anelito all'amore universale costituirono la tematica dell'espressionismo in letteratura.
Fra i poeti si ricordano:Georg Trakl; Else Lasker-Schüler; Gottfried Benn; Georg Heym, Alfred Lichtenstein.
Fra i prosatori ricordiamo: Franz Kafka; Heinrich Mann; Alfred Döblin.

Teatro

L'Espressionismo teatrale, partendo da un punto fortemente critico nei confronti dell'ordine sociale, si realizzò in opere violentemente satiriche nel genere comico e di negazione totale e spesso pessimistica nel genere drammatico. La scenografia tese a strappare lo spettatore dalla concretezza della realtà per trascinarlo nella visione interiore del poeta; gli attori ricorsero a effetti di voce e di gesto che cercavano di trasportare i personaggi su un piano mistico e simbolico. Fondamentali furono il rifiuto dell'impressionismo fotografico, l'atteggiamento dinamico anziché statico nei confronti della realtà, la ricerca dell'essenza assoluta e non del particolare, il perseguimento dell'irrazionalismo e del lirismo estatico. L'Espressionismo teatrale si sviluppò soprattutto negli anni che vanno tra il 1918 e il 1927.
Tra i maggiori esponenti ricordiamo:
Ernst Toller; Frank Wedekind; Carl Sternheim; Georg Kaiser; Walter Hasenclever.
Se il padre dell'Espressionismo in Germania fu Wedekind, all'estero fu soprattutto Strindberg con i suoi calvari spirituali e i drammi da camera ad imprimere una guida per un espressionismo puro. L'Espressionismo teatrale inseguirà una purificazione dell'uomo, cercando in ogni ambito di vita una certa libertà. Se le prime rappresentazioni partirono da drammi fiabeschi-mitologici e religiosi, in seguito l'Espressionismo affrontò le tematiche della guerra proponendo opere pacifiste.
Cinema

Le stesse caratteristiche di onirismo allucinatorio e distorsione visiva si ritrovano nella cinematografia espressionista; il film più rappresentativo è sicuramente Il gabinetto del dottor Caligari, di Robert Wiene del 1920.

Musica

Il "melodram" (melologo) Pierrot Lunaire del 1912 di Arnold Schönberg è ormai universalmente considerato come il manifesto dell'Espressionismo musicale e questa data è, da alcuni, considerata come data di nascita della atonalità, anche se l'archetipo della musica espressionistica viene considerata il Wozzeck di Berg. Tipici della musica espressionista sono la tecnica atonale o pantonale, l'adozione dello Sprechgesang o canto parlato, e, specie in Erwartung, la concezione dell'opera d'arte come espressione dell'Urschrei, grido originario dell'anima in preda all'orrore e all'angoscia. Nacque per stabilire una corrente artistica che investiva pittura, teatro e musica.
FUTURISMO
La rottura con il passato
Il futurismo è un’avanguardia storica di matrice totalmente italiana. Nato nel 1909, grazie al poeta e scrittore Filippo Tommaso Marinetti, il futurismo divenne in breve tempo il movimento artistico di maggior novità nel panorama culturale italiano. Si rivolgeva a tutte le arti, comprendendo sia poeti che pittori, scultori, musicisti, e così via, proponendo in sostanza un nuovo atteggiamento nei confronti del concetto stesso di arte.
Ciò che il futurismo rifiutava era il concetto di un’arte élitaria e decadente, confinata nei musei e negli spazi della cultura aulica. Proponeva invece un balzo in avanti, per esplorare il mondo del futuro, fatto di parametri quali la modernità contro l’antico, la velocità contro la stasi, la violenza contro la quiete, e così via.
In sostanza il futurismo si connota già al suo nascere come un movimento che ha due caratteri fondamentali:
·      l’esaltazione della modernità;
·      l’impeto irruento del fare artistico.
Il futurismo ha una data di nascita precisa: il 20 febbraio 1909. In quel giorno, infatti, Marinetti pubblicò sul «Figaro», giornale parigino, il Manifesto del Futurismo. In questo scritto sono già contenuti tutti i caratteri del nuovo movimento. Dopo una parte introduttiva, Marinetti sintetizza in undici punti i principi del nuovo movimento.
1.       Noi vogliamo cantar l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità.
2.       Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.
3.       La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa, l’estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno.
4.       Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo… un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.
5.       Noi vogliamo inneggiare all’uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.
6.       Bisogna che il poeta si prodighi, con ardore, sfarzo e mugnificenza, per aumentare l’entusiastico fervore degli elementi primordiali.
7.       Non v’è più bellezza, se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all’uomo.
8.       Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!… Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell’Impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell’assoluto, poiché abbiamo già creata l’eterna velocità onnipresente.
9.       Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertarî, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.
10.    Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica.
11.    Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole pei contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l’orizzonte, le locomotive dall’ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d’acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta.
In un altro suo scritto, Marinetti disse come doveva essere l’artista futurista.
«Chi pensa e si esprime con originalità, forza, vivacità, entusiasmo, chiarezza, semplicità, agilità e sintesi. Chi odia i ruderi, i musei, i cimiteri, le biblioteche, il culturismo, il professoralismo, l’accademismo, l’imitazione del passato, il purismo, le lungaggini e le meticolosità. Chi vuole svecchiare, rinvigorire e rallegrare l’arte italiana, liberandola dalle imitazioni del passato, dal tradizionalismo e dall’accademismo e incoraggiando tutte le creazioni audaci dei giovani».
Il fenomeno del futurismo ha quindi una spiegazione genetica molto chiara. La cultura dell’Ottocento era stata troppo condizionata dai modelli storici. Il passato, specie in Italia, era divenuto un vincolo dal quale sembrava impossibile affrancarsi. Oltre ciò, la tarda cultura ottocentesca si era anche caratterizzata per quel decadentismo che proponeva un’arte fatta di estasi pensose quale fuga dalla realtà nel mondo dei sogni. Contro tutto ciò insorse il futurismo, cercando un’arte che esprimesse vitalità e ottimismo per costruire un mondo nuovo basato su una nuova estetica.
L’adesione al futurismo coinvolse molte delle giovani leve di artisti, tra cui numerosi pittori che crearono nel giro di pochi anni uno stile futurista ben chiaro e preciso. Tra essi, il maggior protagonista fu Umberto Boccioni al quale si affiancarono Giacomo Balla, Gino Severini, Luigi Russolo e Carlo Carrà.
Il movimento ebbe due fasi, separate dalla prima guerra mondiale. Lo scoppio della guerra disperse molti degli artisti protagonisti della prima fase del futurismo. Boccioni morì nel 1916 in guerra. Carrà, dopo aver incontrato De Chirico, si rivolse alla pittura metafisica e come lui, altri giovani pittori, quali Mario Sironi e Giorgio Morandi, i cui esordi erano stati da pittori futuristi.
Nel dopoguerra il carattere di virile forza di questo movimento finì per farlo integrare nell’ideologia del fascismo, esaurendo così la sua spinta rinnovatrice e finire paradossalmente assorbito negli schemi di una cultura ufficiale e reazionaria. Questa sua adesione al fascismo ne ha molto limitato la critica riscoperta da parte della cultura italiana che ha sempre visto questo movimento come qualcosa di folkloristico e provinciale. La sua rivalutazione sta avvenendo solo da pochi anni e solo dopo che soprattutto la storiografia inglese ha storicamente rivalutato questo fenomeno artistico. Il futurismo, tuttavia, nonostante il suo limite di essere un movimento solo italiano, e non internazionale, ha esercitato notevole influenza nel dibattito artistico di quegli anni, contribuendo in maniera determinante alla nascita delle avanguardie russe, quali il Cubofuturismo, il Suprematismo e il Costruttivismo.
I manifesti
Uno dei tratti più tipici del futurismo è proprio la grande produzione di manifesti. Attraverso questi scritti gli artisti dichiaravano i propri obiettivi e gli strumenti per ottenerli. Essi risultano, quindi, molto importanti per la comprensione del futurismo. Da essi è possibile non solo valutare le intenzioni degli artisti, ma anche in che misura le intenzioni si sono attuate nella loro produzione reale.
Il primo manifesto sulla pittura futurista risale al 1910. A firmarlo furono Boccioni, Carrà, Russolo, Severini e Balla. In esso non si va molto oltre della semplici enunciazioni di principi che ricalcano gli obiettivi fondamentali del movimento. Si ribadisce il rifiuto del passato, dell’accademismo, delle convenzioni e delle imitazioni.
Molto più interessante appare il secondo manifesto che gli stessi artisti redassero l’anno successivo, e datato 11 febbraio 1911. In esso – La pittura futurista. Manifesto tecnico – si legge:
Il gesto, per noi, non sarà più un momento fermato del dinamismo universale: sarà, decisamente, la sensazione dinamica eternata come tale.
Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido. Una figura non è mai stabile davanti a noi, ma appare e scompare incessantemente. Per la persistenza delle immagini nella retina, le cose in movimento si moltiplicano, si deformano, susseguendosi, come vibrazioni, nello spazio che percorrono. Così un cavallo da corsa non ha quattro gambe: ne ha venti, e i loro movimenti sono triangolari.
In questo passo si coglie già uno dei principali fondamenti della pittura futurista: l’intenzione di rappresentare non degli oggetti statici ma degli oggetti in continuo movimento. E cercando soprattutto di rappresentarli conservando l’immagine visiva del loro dinamismo. La sensazione dinamica doveva ricercarsi moltiplicando le immagini, scomponendole e ricomponendole secondo le direzioni del loro movimento.
Più oltre segue un passo che ci fornisce un altro dei parametri fondamentali della pittura futurista.
Lo spazio non esiste più; una strada bagnata dalla pioggia e illuminata da globi elettrici s’inabissa fino al centro della terra. Il Sole dista da noi migliaia di chilometri; ma la casa che ci sta davanti non ci appare forse incastronata nel disco solare? […] Le sedici persone che avete intorno a voi in un tram che corre sono una, dieci, quattro tre: stanno ferme e si muovo; vanno e vengono, rimbalzano sulla strada, divorate da una zona di sole, indi tornano a sedersi, simboli persistenti della vibrazione universale. E, talvolta, sulla guancia della persona con cui parliamo nella via noi vediamo il cavallo che passa oltre. I nostri corpi entrano nei divani su cui ci sediamo, e i divani entrano in noi, così che il tram che passa entra nelle case, le quali alla loro volta si scaraventano sul tram e con esso si amalgamano.
«I nostri corpi entrano nei divani, e i divani entrano in noi»: la frase esprime con estrema chiarezza uno dei tratti più tipici del futurismo: la scelta di intersercare le immagini, arrivando ad una rappresentazione di sintesi dove tutte le cose si compenetrano tra loro creando un nuovo tipo di spazialità.
Parte del manifesto è ovviamente dedicata allo stile, affermando che la nuova pittura deve basarsi sulla scomposizione del colore già attuata dai divisionisti. Ma il divisionismo deve essere solo uno strumento, non un fine della rappresentazione. La scomposizione dei colori (che loro definiscono «complementarismo congenito»), non solo deve esaltare la sensazione di dinamicità, ma deve contribuire a quella nuova spazialità dove è proprio la luce, insieme al moto, a far compenetrare gli oggetti tra loro.
Il manifesto si conclude con una sintesi finale espressa in quattro punti:
NOI PROCLAMIAMO:
1.       Che il complementarismo congenito è una necessità assoluta nella pittura, come il verso libero nella poesia e come la polifonia nella musica;
2.       Che il dinamismo universale deve essere reso come sensazione dinamica;
3.       Che nell’interpretazione della Natura occorre sincerità e verginità;
4.       Che il moto e la luce distruggono la materialità dei corpi.
La modernità e la velocità
La pittura futurista ha molte analogie con il cubismo e qualche notevole differenza. Il cubismo scomponeva l’oggetto in varie immagini e poi le ricomponeva in una nuova rappresentazione. Il futurismo non intersecava diverse immagini della stessa cosa ma interseca direttamente diverse cose tra loro. Il risultato stilistico a cui si giungeva era, però, molto simile ed affine. Del resto, non bisogna dimenticare che gli artisti futuristi erano ben a conoscenza di ciò che il cubismo faceva in Francia. Non solo perché il futurismo nacque, di fatto, a Parigi con Marinetti, ma anche perché uno di loro, Gino Severini, viveva ed operava nella capitale francese.
Ciò che invece distingue principalmente i due movimenti fu soprattutto il diverso valore dato al tempo. Come detto, la dimensione temporale era già stata introdotta nella pittura dal cubismo. Ma si trattava di un tempo lento, fatto di osservazione, riflessione e meditazione. Il futurismo ha invece il culto del tempo veloce. Del dinamismo che agita tutto e deforma l’immagine delle cose.
È proprio la velocità il parametro estetico della modernità. Del resto il mito della velocità per il futurismo ha degli impeti quasi religiosi. Disse Marinetti in un suo scritto: «Se pregare vuol dire comunicare con la divinità, correre a grande velocità è una preghiera».
Nei quadri futuristi, la velocità si traduceva in linee di forza rette che davano l’idea della scia che lasciava un oggetto che correva a grande velocità. Mentre in altri quadri, soprattutto di Balla, la sensazione dinamica era ricercata come moltiplicazione di immagini messe in sequenza tra loro. Così che le innumerevoli gambe che compaiono su un suo quadro non appartengono a più persone, ma sempre alla stessa bambina vista nell’atto di correre («Bambina che corre sul balcone»).
COME SI DIFFUSE IL FUTURISMO
Il futurismo s’impone come un’organizzazione culturale, politica, editoriale con un’ideologia che tende a diventare un «costume di vita».
·         Le famose «serate» di incontro col pubblico nei teatri: la componente spettacolare, legata alla recitazione dei testi, giungeva al coinvolgimento diretto del pubblico spingendolo alla rissa.
·         Riviste come Lacerba, sulla quale venivano dibattute le idee futuriste.
·         L'appoggio dato ai movimenti nazionalistici e al fascismo; l'amore per la rissa e la violenza; l'atteggiamento spregiudicato e ultramodernista.
·         Per merito di queste iniziative, numerose e rumorose, il futurismo si diffuse in breve in tutta la penisola italiana, espandendosi poi in vari paesi europei.
LA LINGUA DEI FUTURISTI
Questi contenuti devono essere espressi in un nuovo modo, perciò Marinetti:
·         abolì il culto della tradizione, nelle poetiche e nel linguaggio;
·         rigettò la sintassi, le parti qualificative del discorso (avverbi e aggettivi);
·         propose di usare le «parole in libertà», cioè senza alcun legame grammaticale-sintattico fra loro, senza organizzarle in frasi e periodi;
·         sostenne la necessità di usare i più disparati elementi linguistici (espressioni dialettali, neologismi, onomatopee di suoni animali e meccanici), per esprimere immediatamente il meccanicismo psichico dell’impressione.
LEGAME CON IL FASCISMO
Il futurismo portò ad uno sconvolgimento delle forme espressive dell’arte, ma non seppe o non volle elaborare né un’adeguata poetica né un’ideologia rivoluzionaria. Negli anni successivi esso sviluppò solamente un atteggiamento nazionalistico: Marinetti divenne in Italia uno dei più importanti rappresentanti della cultura fascista.
               L’ESEMPIO RUSSO
Il messaggio futurista non fu ambiguo in Russia, dove con la Rivoluzione d’ottobre vi fu un radicale rovesciamento del sistema produttivo e una presa di coscienza tragica e profonda del cambiamento delle strutture fondamentali della società.
·          I temi fondamentali del movimento, così come li espone Marinetti nel Manifesto del futurismo, sono:
·          l’amore del pericolo
·          l’abitudine all’energia
·          il culto per il coraggio e l’audacia
·          l’ammirazione per la velocità
·          la lotta contro il passato ("noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie")
·          l’esaltazione del movimento aggressivo (" l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno")
·          la guerra ("sola igiene del mondo").
                                Le caratteristiche essenziali dell’atteggiamento futurista sono due:
·         l’intento di "svegliare" la sensibilità attraverso una sensibilità definita "gagliarda", in cui tutti i cinque sensi fossero proiettati in una continua sollecitazione segnata dalla velocità;
·         il carattere analitico, mediante il quale le sensazioni vengono esaminate e razionalizzate, ridotte a formule facilmente applicabili a ogni aspetto dell’attività umana e della cultura.

Thomas Stearns Eliot



Thomas Stearns Eliot,(26 settembre 18884 gennaio 1965) Nobel per la letteratura 1948, fu uno dei maggiori rappresentanti della poesia moderna anglosassone, oltre che un drammaturgo e un critico letterario. Tra le sue opere poetiche più importanti figurano Il canto d'amore di J. Alfred Prufrock, e La terra desolata. La prima fu composta fra il 1910 e il 1911, ma fu pubblicata solo nel 1917 grazie all'interessamento di Ezra Pound; la seconda fu pubblicata nel 1922 dopo una lunga serie di revisioni e adattamenti, in cui ebbe parte importante lo stesso Pound. La terra desolata esce nello stesso anno dell'Ulisse di Joyce, e può esserne considerata per numerosi aspetti il corrispondente in poesia.
L’opera di Eliot appartiene al contesto del cosiddetto modernismo, movimento novecentesco (più esattamente sviluppatosi fra il 1912 e la Seconda Guerra Mondiale) che comprese e rivoluzionò tutte le arti. I modernisti (tra i più noti, James Joyce, lo stesso Eliot ed Ezra Pound) denunciarono:
·          la crisi della cultura occidentale
·          l’alienazione e il senso di solitudine dell’artista in un mondo scientifico
·          il rifiuto del passato e la rottura con la tradizione
Il nome modernismo è legato ovviamente alla novità delle tecniche letterarie degli scrittori che ne facevano parte; tutti gli autori modernisti sono accomunati dal rifiuto della tradizione letteraria vittoriana (derivazione indebolita della letteratura romantica) e dal recupero della poesia del Seicento inglese (John Donne e i poeti metafisici). Al centro della pratica letteraria modernista c'è il particolare uso dell’immagine (derivato in parte dal precedente movimento letterario, durato pochi anni, dell'imagismo, di cui aveva fatto parte Ezra Pound assieme al poeta inglese T.E. Hulme); per i modernisti l'immagine viene intesa non più come simbolo nel senso medioevale, romantico o simbolista, ma come correlativo oggettivo, corrispondenza oggettiva, perciò non personale, del sentire. Teorizzato da T.S. Eliot, questa tecnica diviene l’unico modo di esprimere emozioni: “una serie di oggetti, una situazione, una catena di eventi che saranno la formula di quella emozione particolare; tali che quando i fatti esterni, che devono terminare in esperienza sensibile, siano dati, venga immediatamente evocata l’emozione”. Una sorta di parallelismo può essere istituita, nella letteratura italiana, con la cosiddetta linea della “poetica dell’oggetto”, che fa capo a Pascoli, Gozzano, Sbarbaro e Montale. La poesia modernista è una poesia di immagini, temi, frammenti, segni evidenti della crisi cosmica del poeta moderno: il linguaggio discorsivo è soppresso.
T.S. Eliot, nato a St. Louis, Missouri, nel 1888 da una famiglia borghese, studiò a Harvard, alla Sorbona (dove frequentò le lezioni di Henri Bergson) e ad Oxford. Nel 1914 si trasferì in Inghilterra, dove, pur mantenendosi con un lavoro da impiegato di banca, cominciò a pubblicare le prime poesie. L’anno successivo si sposò con Vivienne Haigh-Wood. Dopo essere diventato direttore della casa editrice Faber and Faber passò un periodo in una casa di cura in Svizzera per una cura psicologica e qui terminò la sua opera The Waste Land. La poesia era rimasta la sua unica opportunità di fuga dalla vita familiare. Nel 1927 divenne un cittadino inglese e si definì un “classicista in letteratura, monarchico in politica, Anglo-cattolico in religione”. Dopo una travagliata riflessione, Eliot decise di mettere la moglie in una casa di ricovero, dove morì nel 1947; alla sua morte Eliot fu pervaso da sensi di colpa. Successivamente la sua poesia si rivolse a problemi di ordine filosofico e sociale, fino a portarli a temi sociali nel teatro. Nel 1948 ricevette il Premio Nobel per la Letteratura. Eliot morì nel 1965

Opere

Possono essere divise in due fasi: prima: più pessimista, fino al 1927 circa:
·         Prufrock and other observations (1917),
·         The Waste Land - La terra desolata (1922)
·         The Hollow Men (1925)
Seconda: dai toni di speranza e marcatamente religiosa:
1.       The Journey of the Magi (1927)
2.       Ash Wednesday - Mercoledì delle ceneri (1929)
3.       Four Quartets - Quattro quartetti (1936-42)
4.       Murder in the Cathedral - Assassinio nella cattedrale (1935)

Caratteristiche della poesia eliotiana

Sin dalle prime poesie, Eliot accosta una critica alla vacuità e alla frivolezza della società di Boston e di Londra a visioni di lirica bellezza: il bello è abbinato allo squallido. Il disinganno politico di cui è infusa la sua poesia è da relazionarsi con lo stato di shock in cui si trovava quella generazione che aveva sprecato la propria giovinezza nella Prima Guerra Mondiale. I contrasti tra le leggende e i miti classici, i rituali, le bellezze antiche e lo squallore delle osterie è proposto senza alcun commento, ma con versi taglienti e duri, attraverso un’alternanza di termini aulici e colloquiali. La sua poesia propone una partecipazione dinamica e attiva, in quanto l’utilizzo dell’apparato mitologico, le citazioni da testi classici, l’uso di svariate lingue si appellano al lettore, il quale è chiamato a completare l’opera con la propria esperienza; un meccanismo, questo, che si trova anche nelle contemporanee opere di James Joyce. Eliot usa un metalinguaggio, cercando di proporre nuovi valori in un mondo in cui di fatto i criteri di credenza universalmente accettati si sono dissolti. La poesia di Eliot è modernista: non presenta, cioè, un’ordinata sequenza di pensieri o uno sviluppo logico, quanto piuttosto una serie di “fotogrammi”, di frammenti non collegati l’un l’altro da connessioni logiche. Il clima culturale in cui si inserisce l’opera eliotiana è di profonda crisi esistenziale: sono ad essa contemporanee varie espressioni della condizione dell’uomo: Espressionismo, Cubismo, Surrealismo, Dadaismo, Astrattismo, Futurismo, Esistenzialismo, Relativismo in campo scientifico, sviluppo della Psicoanalisi, la scoperta della divisibilità dell’atomo.
Per Eliot inoltre, il poeta deve collocarsi all’interno del proprio tempo storico con la consapevolezza che il suo passato, “tutta la letteratura d’Europa sin da Omero”, è altrettanto presente quanto ciò che sta avvenendo nello stesso ambito culturale nel tempo che gli è contemporaneo.

Correlativo oggettivo

La teorizzazione del cosiddetto “correlativo oggettivo” si deve al poeta angloamericano Thomas Stearns Eliot (1888-1965), autore di alcuni capolavori come The Waste Land [1](1922) e Four Quartets[2] (1943).
Nella poetica di Eliot alla poesia compete di realizzare una sintesi tra razionalità e sentimento; ad essa spetta di esprimere in simbologie universali il senso della vicenda umana e il significato speciale del presente. L’opera maggiore di Eliot fonde dunque l’intensità distruttiva e dissolutrice di uno sguardo apocalittico sul mondo alla fiducia nel potenziale di razionalità e di emozioni che qualificano l’uomo civilizzato.
Il bisogno di recuperare nell’arte un rapporto di partecipazione emotiva alle forme della realtà senza cedere al fascino irrazionale che può sprigionarsi dai fenomeni anima appunto la teoria eliotiana del “correlativo oggettivo”, l’aspetto più celebre della sua poetica.
La teoria del correlativo oggettivo chiede ai contenuti emotivi e ideologici del poeta di esprimersi per mezzo di dati oggettivi e concreti che assurgano a tramite di una comunicazione in qualche modo universale col lettore. L’emozione, anziché manifestarsi, come in molta lirica tradizionale, in se stessa, è taciuta, e al suo posto viene fornito un equivalente capace di risvegliare l’emozione nel lettore.
Sensibile in Italia a questa procedura si mostrerà soprattutto Montale a partire dalle Occasioni, benché egli avesse già per conto proprio avviato un percorso per molti versi analogo. Per Montale si tratta di «tacere l’occasione-spinta» - e cioè il momento soggettivo ­ e limitarsi a «esprimere l’oggetto» (Sulla poesia, 1976).